Gatti e cibo: un rapporto a volte difficile.
In realtà, tutto sta nel capire chi abbiamo davvero di fronte e cioè degli animali che, a differenza del cane, hanno mantenuto più intatta la loro indole selvatica.
Per capire meglio il loro mondo e le loro abitudini, specie alimentari, abbiamo chiesto ad una esperta: Elena Angeli.
Prima di iniziare, ti presento il nostro ospite.
Chi è Elena Angeli?
Elena Angeli sì è laureata all’Università di Firenze in Psicologa e specializzata in Psicologia Clinica e Psicoterapia, utilizza le sue competenze per comprendere la mente felina.
Nel 2012 ha aperto il blog “Amici di Chicco”, in ricordo di uno dei suoi gatti, Chicco, diventato un punto di riferimento per molti gattari della Rete: ogni mese conta circa 9000 visitatori unici e sono circa 20.000 le pagine visitate. Su Facebook sono più di centomila.
Facilitatrice della relazione con i gatti e studiosa di tecniche comportamentali per renderli più felici è apparsa in tv, radio e riviste per essere intervistata sul tema delle adozioni dei gatti adulti ed anziani.
Vive a Firenze con un marito e con i suoi gatti (rigorosamente presi dal gattile) in una casa dove ci sono più cucce che sedie. Se la cercate la potete quasi sempre trovare davanti al pc con un gatto sulle ginocchia e una tazza di tè in mano.
In questi ultimi anni sta crescendo sempre di più la consapevolezza che anche per i nostri animali il cibo ha una importanza fondamentale, se vogliamo che vivano davvero sani, felici e a lungo.
Anche loro del resto “sono ciò che mangiano” o meglio sono quello che noi decidiamo che mangino!
Preso atto dell’importanza delle nostre scelte, tantissimi proprietari di cani e gatti si danno davvero da fare per individuare la dieta migliore.
Eppure, a volte, pur cambiando in meglio lo stile alimentare, l’animale rifiuta il cibo.
Questo capita soprattutto con i gatti. Che spiegazione si può dare al proprietario, ormai sconsolato?
Una delle caratteristiche che accomuna quasi tutti è gatti è che sono neofobici, ovvero mostrano paura e diffidenza verso tutto ciò che è nuovo, e questo vale in particolare modo nei confronti di alimenti che vengono introdotti nella sua dieta/alimentazione.
Occorre dunque essere consapevoli e rispettosi di questo aspetto del loro essere. E giocare d’astuzia.
Qualsiasi cambiamento dovrà essere proposto in modo non forzato e graduale.
Consapevoli che se il gatto non dovesse in alcun modo accettare il cambiamento da noi proposto dovremmo desistere: il rischio potrebbe essere quello di generare nel nostro amico un stress eccessivo rispetto al beneficio che desideriamo apportare.
Oltre al “cosa” diamo da mangiare, quanto è importante il “come” per un gatto? E qual è il modo migliore per organizzare i suoi pasti?
Il gatto in natura è un predatore specializzato nella catture di piccole prede (predilige i topi ma può variare anche cacciando uccellini, lucertole o altri insetti).
All’interno dell’arco della giornata un gatto in libertà riesce mediamente a procacciarsi anche 12-15 topolini.
Il gatto insomma è un animale “programmato” per mangiare poco e spesso.
Questo ritmo alimentare dovrebbe essere rispettato anche in ambiente domestico con mini-pasti molto frequenti.
Ovviamente questo richiede la nostra presenza e un impegno non indifferente.
Un buon compromesso a mio avviso potrebbe essere quello di utilizzare un dispensar con cibo secco sempre a disposizione (ottimo anche per le ore notturne, durante le quali il gatto può gestirsi totalmente in autonomia) senza però rinunciare al rituale dell’apertura della scatoletta (cibo umido) da effettuare 1 o 2 volte al giorno.
In tema di gestione del cibo, vista la tua grande esperienza, hai qualche particolare accortezza da suggerire ai nostri lettori?
Il primo consiglio che mi viene in mente è di osservare sempre il nostro gatto: ad esempio se ha la tendenza ad abbuffarsi e mostra qualche difficolta nell’autoregolarsi eviterei la soluzione del dispenser e opterei per una somministrazione ahimè più controllata.
Un’attenta osservazione del nostro gatto inoltre ci potrebbe aiutare nell’evitare di fare un altro grave errore, purtroppo molto comune: quello di interpretare come richiesta di cibo ogni comportamento del nostro gatto anche quando in realtà si tratta di richiesta di attenzione o di un invito a giocare.
Il cibo ha un’importanza fondamentale non solo a livello fisiologico ma anche mentale. Quali altri aspetti incidono in modo significativo sul benessere psico-fisico del gatto? C’è un’attività in particolare che non deve mancare nella sua giornata tipo?
Me ne vengono in mente due: in primo luogo l’arricchimento ambientale, ovvero la presenza di elementi nell’arredo della casa dove vive il gatto che siano in grado di soddisfare i suoi principali bisogni etologici, come quello di verticalizzare, di esplorare, di trovare strategie, di utilizzare il proprio corpo nell’attività fisica…
E poi le sessioni di gioco, fondamentali per i gatti di qualsiasi età: purtroppo si associa molto spesso il gatto all’idea di un animale pigro, sonnacchioso, che ama trascorrere le sue giornate dormendo sul divano.
Niente di più sbagliato: il gatto è un animale molto curioso, un vero e proprio enigmista, che merita di vivere una vita ricca di stimoli, all’altezza delle sua capacità intellettive.
Il gatto è spesso dipinto come una animale autonomo, indipendente, molto più di un cane, che ama starsene per i fatti suoi e che sopporta “il suo umano” solo quando si tratta di mangiare. Quanto c’è di vero e quanto, invece, di pregiudizio in questo?
Effettivamente cane e gatto sono davvero due universi molto diversi tra loro: il gatto in natura è un predatore solitario, un animale molto territoriale che non ama spostamenti e cambiamenti e che ha un radicamento profondo per l’ambiente nel quale vive.
A differenza del cane, il gatto è un solista (attenzione però, non un solitario!).
Tutto questo non preclude tuttavia la capacità del gatto di stringere relazioni forti e significative con i suoi familiari.
I gatti sono capaci di un affetto commuovente: provare per credere…
A proposito di pregiudizi, ce n’è qualcuno che riguarda l’alimentazione in senso stretto? Che riguarda, per esempio, qualche alimento specifico?
Un pregiudizio alimentare sui gatti molto comune è sicuramente quello sul latte: l’immagine di un gattino che beve da una ciotola di latte è talmente diffusa che spesso le persone che trovano un gatto in difficoltà la prima cosa che fanno è quello di offrirgli del latte.
Inoltre di solito i gatti amano molto il latte e i latticini e quindi lo chiedono loro stessi.
Purtroppo l’organismo dei gatti dall’ottava settimana di vita smette di produrre la lattasi, l’enzima che permette di digerire il lattosio contenuto appunto nel latte. Ingerito senza poter essere assimilato, il latte può causare nel gatto seri problemi intestinali.
Attenzione anche all’avocado, un cibo oggi molto di moda e quindi molto utilizzato: il frutto, il nocciolo e e foglie risultano estremamente tossici per i nostri amici felini.
Il nostro blog, Empathy Food, è dedicato ad una visione empatica dell’alimentazione. Un cibo empatico per te è?
Per me un cibo empatico è un cibo che non implica sofferenza o morte nelle altre creature viventi di questo Pianeta.
Per questo motivo, anche se non amo le etichette e non amo definirmi in base a quello che mangio, ho scelto di essere vegetariana da ormai moltissimi anni.
Quando qualcuno mi chiede il perché dico semplicemente la verità: non mangio cadaveri.
Si conclude qui l’intervista ad Elena che ringraziamo di cuore per averci condotto più in profondità nella conoscenza di un animale tanto amato quanto spesso vittima di falsi preconcetti.
Abbiamo imparato quanto sia importante comprendere il gatto nella sua natura più autentica, e cioè quella di un predatore con sue esigenze specifiche tanto alimentari quanto sociali.
Se desideri approfondire il lavoro di Elena e conoscere più a fondo il tuo gatto, ti consigliamo vivamente il suo libro.